N°12 Novembre 2024 “Novembre 2024, in Italia c’è ancora molto da fare per la parità!”

Benvenuti in questo nuovo numero della newsletter Walaland, dedicata a chi, come noi, si occupa di benessere nel mondo del lavoro. 🎉📰
Questo mese su Walaland vogliamo affrontare il tema della parità di genere, un argomento particolarmente significativo in una settimana come questa, in cui ricorre il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Come Walà, ci impegniamo da sempre a sensibilizzare e combattere le disparità ancora profondamente radicate nella nostra società, disparità che favoriscono il verificarsi di diverse forme di abusi e violenza. La violenza di genere, infatti, assume molteplici forme, spesso ignorate, normalizzate o addirittura interiorizzate. Alcune di queste le incontriamo ogni giorno, senza renderci conto che si tratta, a tutti gli effetti, di atti violenti. Si pensi alle battute basate su stereotipi o ai commenti sessisti, al restare in silenzio di fronte a un episodio di violenza, o alla mancata consapevolezza che percepire uno stipendio più alto rispetto a una collega solo per ragioni di genere rappresenta una violazione dell’art. 3 della nostra Costituzione e, dunque, una grave forma di abuso.
Tra le varie forme, vogliamo porre l’attenzione sulla violenza economica, una forma subdola e meno visibile, ma altrettanto devastante, che continua a limitare la libertà e l’autonomia di molte donne.
In Italia, la violenza economica è una realtà spesso sottovalutata, ma ampiamente diffusa, e rappresenta una delle forme più insidiose di controllo e abuso. Si manifesta attraverso il totale controllo delle risorse finanziarie, l’imposizione di dipendenza economica e il sabotaggio della capacità di una donna di essere autonoma. Questo fenomeno priva le vittime non solo di mezzi materiali, ma anche della libertà di scegliere e costruire il proprio futuro. Un'indagine condotta da Ipsos per WeWorld e pubblicata lo scorso anno il 25 novembre, ci racconta che Il 49% delle donne dichiara di aver subito violenza economica almeno una volta nella vita, percentuale che sale al 67% tra le donne divorziate o separate. Più di una donna separata o divorziata su quattro (28%) dichiara di aver subito decisioni finanziarie prese dal partner senza essere stata consultata prima. Eppure, la violenza economica è considerata “molto grave” solo dal 59% dei cittadini/e. Del resto è difficile avere numeri esatti rispetto a questo fenomeno in quanto molte donne subiscono questa forma di violenza in silenzio, spesso senza nemmeno riconoscerla come tale, intrappolate in relazioni in cui la sottomissione economica diventa un’arma di potere.
Non possiamo parlare di uguaglianza di genere se non affrontiamo il legame tra potere economico e libertà personale.
Per contrastare questa forma di violenza è centrale che il mondo del lavoro si faccia promotore di un cambiamento culturale, distaccandosi dagli stereotipi di genere e dalle disparità ancora troppo radicate. La discriminazione salariale, l’accesso limitato alle posizioni di leadership e la precarietà che colpisce in modo sproporzionato le donne sono tutti tasselli che contribuiscono a mantenere vive le dinamiche di dipendenza economica. Per diventare spazi inclusivi, inoltre, le aziende hanno l’opportunità di promuovere strumenti di welfare e di benessere organizzativo che possono incidere sul superamento delle barriere strutturali che rendono critica la relazione tra vita privata e vita lavorativa, specialmente per le donne.
Sappiamo che proprio questo tipo di barriere incide sul fenomeno della sottorappresentazione femminile nel mondo del lavoro: in Italia il 55% delle donne (a fronte del 70,2% in media UE) è occupato contro il 76% degli uomini. (Fonte: IlSole24ore, marzo 2024)
Il Soffitto di cristallo (glassceiling)
Il cosiddetto "soffitto di cristallo", poi, rimane una barriera invisibile ma incredibilmente solida, che ostacola l’accesso delle donne alle posizioni apicali, perpetuando una forma di segregazione verticale che limita le opportunità di crescita e riconoscimento per le donne, nonostante competenze e talenti equivalenti, se non talvolta addirittura superiori.
Una fotografia scattata dalla prima indagine dell’osservatorio «Donne Executive» di SDA Bocconi School of Management, in partnership con la società Eric Salmon & Partners, presentata a Milano all’università Bocconi, in occasione del convegno «Le donne executive in Italia: presenza, ruoli e percorsi di carriera», evidenzia con chiarezza come la disparità di genere diventi sempre più marcata man mano che si sale verso i ruoli apicali.
Le donne, infatti, rappresentano appena il 17% degli executive e solo il 6% degli amministratori delegati. La loro presenza è maggiore in ruoli di staff (risorse umane, legale, audit, sostenibilità, ecc.), mentre è significativamente inferiore in ruoli più strategici e di business (amministratori delegati, marketing e vendite, ricerca e sviluppo, direzione generale, ecc.).
L’indagine, condotta su 320 grandi imprese italiane (169 delle quali quotate) e 2.920 executive, evidenzia chiaramente quanto siamo ancora lontani dal raggiungere una parità di genere ai vertici aziendali. Tuttavia, un segnale positivo per il futuro sembra arrivare dalle nuove generazioni: nella coorte dei Millennials, infatti, si registra una maggiore presenza di donne in posizioni dirigenziali.
Il gap di genere rimane una questione trasversale, presente in tutti i settori e in ogni tipo di assetto societario. Le imprese quotate mostrano, se possibile, dati peggiori: le donne ai vertici occupano solo il 35% dei ruoli di direzione generale nelle imprese non quotate, percentuale che scende drasticamente al 3% in quelle quotate. I numeri si abbassano ulteriormente se analizziamo la presenza delle donne come amministratrici delegate: nelle aziende non quotate si attestano al 10%, mentre in quelle quotate raggiungono appena il 3%.
Per quanto riguarda il ruolo di amministratore/trice delegato/a, i progressi verso la parità di genere sono molto più lenti rispetto ai consigli di amministrazione, che hanno beneficiato delle misure introdotte dalla legge Golfo-Mosca (la 120/2011, successivamente modificata nel 2020), che ha portato a riservare almeno 2/5 delle quote agli amministratori del genere meno rappresentato, per sei mandati consecutivi.
Questa fotografia racconta una verità evidente: se le donne faticano più a emergere è perché non hanno avuto le stesse opportunità dei colleghi uomini.
In Italia ad oggi uno dei pochi strumenti che sta supportando le aziende che vogliono muoversi verso la riduzione del gap di genere è la certificazione di parità di genere, ovvero la prassi UNI/PdR 125:2022, che con i suoi 31 KPI indirizza le aziende verso le azioni da compiere per andare a eliminare il gap di genere (Pochi giorni fa sono state pubblicate le FAQ, ovvero gli indirizzi applicativi. Scaricabili qui 👉 https://lnkd.in/dJKSyyqf).
Come Walà abbiamo voluto ulteriormente rinforzare le nostre competenze sulla parità di genere e supportare le aziende in questo percorso: per questo ci fa piacere annunciare che con Marialuisa Di Bella si rinforza ulteriormente la nostra squadra di professioniste della parità di genere già rappresentata da Elisabetta Dallavalle , entrambe pronte a guidare le realtà che vorranno mettersi alla prova verso l’ottenimento della certificazione, aiutandole a integrare la DE&I (Diversity, Equity & Inclusion) nella propria strategia aziendale.
In chiusura ricordiamo che il 15 novembre (ma non in Italia) si è celebrata la Giornata europea per la parità retributiva – Equal Pay Day, ovvero il giorno dell'anno in cui si ricorda simbolicamente che, da quel momento in poi, le donne "non guadagnano più" rispetto agli uomini. Il nostro Paese, purtroppo, non rientra nelle 12 nazioni dell'UE che hanno organizzato un Equal Pay Day, con la finalità di sensibilizzare e mostrare l'effetto negativo delle differenze retributive. Questo nonostante l'Inps, nel suo ultimo rendiconto annuale, denuncia un elevato Gender Pay Gap, che complessivamente ammonta a 7.922 euro. Ciò significa che, se la retribuzione media annua di chi lavora in Italia è di 22.839 euro, per il genere maschile è di 26.227 euro, per il femminile di soli 18.305.
Alcune violenze sono meno visibili, ma continuano a nutrire una società che ancora oggi tiene le donne indietro. Ogni forma di violenza si intreccia, si rafforza e alimenta le altre. Ciascuno di noi può fare molto.