N°11 Ottobre 2024 “Piano Casa 2025: l’abitare al centro del welfare aziendale tra fringe benefit e soluzioni strutturali”
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All’interno di questo spazio, abbiamo spesso trattato il tema di come i sistemi di welfare, in particolare quelli locali, stiano affrontando sfide senza precedenti a causa di profonde trasformazioni sociali.
Una delle sfide più rilevanti riguarda senz’altro la questione abitativa. Pensiamo, in particolare, alle difficoltà di accesso alla casa nelle aree urbane, dove sembra essersi verificato un vero e proprio rovesciamento delle dinamiche tradizionali: "Mentre un tempo l’accesso al lavoro, l’essere assunto, significava accedere alla possibilità di avere una casa, ora è vero il contrario: per poter accedere al lavoro bisogna prima avere la casa" come sottolinea il nostro partner Cosimo Palazzo su “Gli Stati Generali”, presentando i risultati di una ricerca dell'Osservatorio Casa Abbordabile.
Il tema sembra finalmente essere entrato nell’agenda pubblica. Lo dimostra proprio il dibattito sulla prossima Legge di Bilancio che, in questa fase ancora di discussione, prevede alcune misure proprio su questo tema, dando spazio al cosiddetto "Piano Casa," nato dal dialogo tra Confindustria e il Governo.
Un ulteriore aspetto interessante è l’identificazione del welfare aziendale come strumento attraverso il quale promuovere politiche pubbliche, quali sicuramente sono quelle abitative, a dimostrazione di una sempre maggiore considerazione del c.d. “secondo Welfare” come strumento indispensabile in ambito di politiche sociali (sebbene con alcuni limiti di cui parleremo più avanti).
Ciò conferma un ruolo sempre più rilevante per le aziende quali attori indispensabili per uno sviluppo inclusivo delle nostre società.
Ma in cosa consiste nella pratica questa iniziativa?
Le sfide del sistema fringe benefit
Il Piano Casa-Lavoro 2025 si propone di ampliare e rendere più accessibili le agevolazioni per l’abitare, in particolare proponendo l’estensione della soglia dei fringe benefit legati all’affitto.
Attualmente, la legge di Bilancio 2024 prevede il rimborso fino a 1.000 euro (2.000 euro per chi ha figli/e) delle spese di locazione, esentasse.
L’obiettivo del nuovo piano è quello di aumentare i tetti di esenzione, in particolare per facilitare l’accesso a queste misure per i/le neoassunti/e che si trasferiscono per lavoro in una sede lontana dalla residenza.
Nel Disegno di Legge approvato dal Consiglio dei Ministri, infatti, una delle proposte più rilevanti riguarda proprio l’introduzione di fringe benefit maggiorati. Nello specifico, il disegno parla di non imponibilità per i rimborsi affitto e manutenzione fino a €5.000 annui per i lavoratori e le lavoratrici assunti dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2025, valido per coloro che hanno un reddito annuo inferiore a €35.000 e che si devono trasferire a più di 100 km dalla propria residenza.
Questo strumento è finalizzato a risolvere il problema del reperimento di manodopera qualificata, soprattutto in aree dove è più difficile trovare risorse locali.
Tuttavia, è fondamentale riflettere su alcune criticità.
Come già sa chi segue il dibattito sul welfare aziendale, la soglia dei fringe benefit è stata soggetta a modifiche costanti negli ultimi anni, creando incertezza sia per le aziende che per i/le lavoratori/trici. Dal 2020, infatti, il tetto massimo di questi benefit è stato rivisto annualmente, rendendo difficile per le imprese pianificare a lungo termine e per le persone contare su un sostegno stabile.
Inoltre, ricordiamo che i fringe benefit sono infatti una somma limite entro cui è possibile impiegare il budget welfare per beni di consumo e, più recentemente, anche per spese legate all'abitare.
Ma non è detto che tutte le aziende mettano a disposizione un budget welfare, né che le risorse stanziate siano sufficienti a coprire cifre significative.
Un ulteriore limite dei fringe benefit è la discrezionalità con cui possono essere assegnati. Questo strumento, infatti, può essere concesso "ad personam," permettendo un’allocazione potenzialmente arbitraria delle risorse aziendali e questo margine di discrezionalità potrebbe tradursi in disparità di trattamento, penalizzando alcuni lavoratori/trici e generando situazioni di ingiustizia all'interno dell'azienda.
Infine, il dibattito attorno ai fringe benefit rischia di ridurre il tema del welfare aziendale a una semplice questione di costi, trascurando la necessità di una progettualità più ampia e strutturata.
È fondamentale, invece, sviluppare un sistema di welfare che sia continuativo, capace di affrontare in maniera incisiva la sfida dell’abitare e di migliorare realmente la qualità della vita dei lavoratori e delle lavoratrici, contribuendo a garantire al contempo alle aziende un numero adeguato di risorse umane.
Un welfare aziendale solido dovrebbe andare oltre l’immediato beneficio economico, puntando a costruire soluzioni stabili e durature che accompagnino le persone nel lungo termine, soprattutto in un contesto economico e sociale in costante evoluzione.
Guardiamo alle azioni che superano il tema fringe benefit …
Oltre alle misure fiscali già citate, il Piano Casa prevede un importante intervento di natura strutturale: la realizzazione di alloggi dedicati ai lavoratori/trici attraverso concessioni demaniali alle imprese, con procedure semplificate per ottenerle. Il Piano intende incentivare le aziende a costruire alloggi per i propri collaboratori e per le proprie collaboratrici, offrendo così una soluzione concreta al problema della carenza di abitazioni a canoni calmierati.
Secondo le stime, l’affitto di questi alloggi non dovrebbe superare i 500 euro mensili, una cifra ben al di sotto degli standard di mercato nelle principali città italiane.
Questa misura avrebbe molteplici effetti positivi. In primo luogo, aumenterebbe l’attrattività delle imprese, allargando il bacino di candidati/e anche a chi è costretto a trasferirsi “lontano da casa” per lavoro.
In secondo luogo, contribuirebbe a risolvere il problema della mancanza di manodopera specializzata, soprattutto nel settore industriale.
Il Piano del Governo, esito del dialogo con Confindustria, propone un modello di housing aziendale con affitti calmierati, stimando che saranno necessari circa tre anni per realizzare questo piano su scala nazionale.
Ricordiamo che negli ultimi anni il welfare e il benessere organizzativo aziendale hanno spesso premiato la flessibilità lavorativa, agevolando chi può lavorare da remoto, ma lasciando indietro chi svolge mansioni che non possono essere remotizzate.
È fondamentale, quindi, pensare a soluzioni che compensino i/le pendolari, coloro che si trasferiscono per lavoro e che, fino a oggi, non hanno beneficiato delle stesse attenzioni.
Misure come quelle del Piano Casa sembrano rappresentare un passo concreto in questa direzione, offrendo un supporto tangibile a quei/quelle lavoratori/trici che contribuiscono al funzionamento delle città, spesso con ruoli che non possono essere svolti a distanza.
Concludiamo sottolineando che il problema dell’housing, una questione sociale di ampio respiro, richiede un intervento che vada oltre le sole risorse pubbliche.
È necessario coinvolgere anche il settore privato, e in particolare le aziende, per creare un welfare mix capace di portare benefici su più fronti.
Da un lato, infatti, si risponde ai bisogni abitativi dei singoli lavoratori e delle singole lavoratrici, garantendo loro la possibilità di vivere dove si trovano le opportunità professionali, dall’altro il settore pubblico viene supportato nella gestione di un onere che non può più sostenere da solo, mentre le imprese beneficiano di un più facile reperimento di personale qualificato che, senza una soluzione abitativa accessibile, non potrebbe trasferirsi.
Si tratta di un processo win-win in cui l’integrazione tra pubblico e privato si dimostra essenziale per costruire un sistema di welfare capace di rispondere in modo efficace e sostenibile ai nuovi bisogni della società, a beneficio di cittadine e cittadini, aziende e territorio 🎯